Serigrafia 57

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Come sta andando questa ricognizione sul sillabario, o meglio sulla lettera alfabetica? Bene potremmo dire, se non fosse per la continua scoperta di errori o di omissioni.
Sicuramente non ammissibili in un manuale, un trattato, un ebdomadario, un calepino, un qualsiasi libro di storia piuttosto che di volgarizzazione informativa. Appena sopportabile come controcanto alle citazioni formali. Inoltre sarebbe utile un accenno ai trent’anni precedenti. Perché quella è l’epoca delle prime copertine progettate per la rivista Serigrafia soprattutto, allora, per sperimentare inchiostri e supporti, tratti e mezzetinte, accostamenti cromatici, dissonanze tonali. Per parecchie annate il volto umano fu l’argomento principe, forse per le difficoltà tecniche connesse all’uso di retini e sgranature. Seguì uno stacco, durato tre anni, di racconti per immagini generati in un periodo particolarmente controverso, esistenzialmente difficile diciamo. Dopo vennero gli arcobaleni, i d’après, gli omaggio a, gli alfabeti geometrici. Nell’anno che non ricordo al momento inizia la grande serie dei profili, dei quali restano trenta tavole e la chiave di lettura per il successivo innamorarsi della lettera alfabetica. Vecchio amore, del resto, già vissuto, sofferto e gioito dentro altri libri, però, in questo caso, preso a pretesto iconografico per una comunicazione decorativa. Le copertine della rivista, stampate su carta di formato superiore, numerate a mano, raccolte in cartelle, diventavano motivo di collezione, giustamente senza alcuna presunzione didattica. Un puro fatto visuale “un piacere degli occhi” come dicono, per convincerti a comperare, i mercanti di tappeti della Cappadocia.
Ma come sarebbe continuata la serie, qualora non avessi dovuto bruscamente interromperla con certi sogni nel cassetto? L’ultima copertina di questo libro indica abbastanza bene le intenzioni di allora accostando alle testate, in gotico, di tre importanti quotidiani internazionali la testata del Times. Naturalmente composta nel bellissimo Times New Roman di Stanley Morison al quale, doverosamente, si doveva dedicare una serie.

Altri sogni nel cassetto erano quelle calligrafie che vanno sotto il nome di Corsivo Inglese, pure quando non lo sono, e che qualche volta paiono soffrire per tutte le partecipazioni che hanno dovuto annunciare.
Le manuarie, o finte scritture, le lapidarie senza grazie come il bellissimo Optima, i cosiddetti graffiti che sono più bombolettati che non graffiati e dulcis in fundo (o non piuttosto in cauda velenis) la situazione attuale.
L’avvento del computer, l’invasione dei font, la creatività digitale, the end of print. Proprio così, citando il libro di Carson per chiudere un’epoca. Finalmente.
Serigrafia-1995-01-Iliprandi